Il coraggio che mi manca - EF edizioni

perché leggere è sognare!

Vai ai contenuti
Il coraggio che mi manca
di Emanuela Furlan

Categoria: Romanzo
Formato: 15x21, 350 pag. brossurato.
Illustrazioni di Mika Fusato
21,00 € 22,00 €
Aggiungi
A trentacinque anni, Tamara si rende conto che la sua vita non ha preso la piega che si aspettava. Parlando con gli amici, si decide a fare un passo verso qualcosa che la realizzi di più, ma sarà inevitabilmente costretta a uscire dai suoi schemi e a lavorare sulle sue insicurezze, che la perseguitano assieme a una buona dose di sfortuna. Anche la sua vita sentimentale, completamente vuota, sta per essere stravolta da eventi inaspettati?
 
LEGGI L'ANTEPRIMA:
ESTRATTO DAL LIBRO (senza illustrazioni):


Quando l’unica attività cerebrale che ti fa sussultare nella giornata è una sgradita telefonata di un qualunque operatore che offre spettacolari sconti sulla fornitura di energia elettrica e promette il passaggio di un fantomatico incaricato con cui potrai siglare un vantaggiosissimo contratto, forse le cose non stanno andando esattamente per il verso giusto. E sono piuttosto certa che maltrattare il povero interlocutore smorzerà solo temporaneamente la frustrazione di non riuscire sbloccarmi da una situazione di stallo che mi ha imprigionata e mi tiene stretta a sé. Ma la domanda è: chi tiene stretto chi?
Ai tempi della scuola me la cavavo alla grande, tanto studio e impegno avevano dato i risultati sperati e con soddisfazione avevo ottenuto un diploma di laurea. Carica di grandi prospettive, mi ero lanciata nel mondo del lavoro, cadendo proprio come una pera dall’albero e schiantandomi al suolo pesantemente. Il lavoro che sembrava ideale si è invece dimostrato piatto e poco entusiasmante, ma offre un contratto a tempo indeterminato, un buon stipendio e la sicurezza di riuscire a pagare le rate del mutuo.
E questo mi fa sentire ancora più un’ingrata a lamentarmi in continuazione della mia vita.
Meglio non aggiungere che, in amore, Cupido si è scordato alla grande di scoccare la sua freccia per me. Una dimenticanza che non mi sento di lasciar correre e che mi ha causato gravi incomprensioni con l’arciere dei cuori.
Per fortuna posso contare sui miei amici che, nonostante abbiano i loro impegni e le loro famiglie, trovano il tempo per me e per i miei rilevanti problemi che hanno sempre urgente bisogno di
venire risolti.
Lisa è la mia dirimpettaia di scrivania: una mamma in carriera che non si fa atterrire da niente e da nessuno. È il mio idolo, vorrei avere anche solo un briciolo della sua forza e della sua sfrontatezza. Si destreggia con maestria fra istituzioni scolastiche, ufficio e gestione casalinga, che quasi sembra danzare elegantemente un valzer in un salone dell’Ottocento a Vienna. Ma come fa? Io a malapena riesco ad alzarmi dal letto la mattina e la sera mi sembra di non avere mai tempo per portare a termine quelle quattro cose necessarie per la gestione di un mini appartamento. Davvero umiliante a pensarci bene. I consigli di Lisa sono i migliori, mi capisce al volo e mi sprona. A volte penso che, più che un’amica, devo sembrarle un’altra figlia da gestire. C’è da dire, però, che il mio contributo lo do anch’io: fare da baby sitter alle sue adorabili pesti è troppo divertente! Lei continua a ripetermi che mi diverto soltanto perché so che a una certa ora la loro mamma verrà a prenderli e il mio compito sarà terminato e che, prima di dire che è troppo esilarante stare coi bambini, è meglio che aspetti di avere dei figli miei, così potrò valutare con oggettività quanto spassoso sia badare a dei marmocchi. Ma per il momento il pericolo non sussiste. Non c’è nemmeno l’ombra di un uomo all’orizzonte, figuriamoci di un figlio!
«Per mezzogiorno voglio tutte le scansioni fatte!»
Ah, certo, lui è Mario, il mio capo. Riesco quasi a scorgerlo da dietro la pila di documenti che ha abbandonato sulla mia scrivania. Quanto amo fare le scansioni... d’accordo, meglio che mi dia una mossa. Mario è un uomo sulla settantina che ha dedicato una vita all’azienda ereditata da suo padre. È burbero ed esigente, come qualsiasi altro capo immagino. Sua moglie adora tutto ciò che riguarda il fai da te e cambia hobby allo stesso ritmo con cui si cambiano i calzini. C’è la settimana del lavoro all’uncinetto, poi il mese del ricamo a punto croce, i due giorni di bricolage e via dicendo. Perciò ogni tanto squilla il telefono del centralino, di cui sono l’incaricata ufficiosa, visto che Flavia - l’effettiva centralinista - è sempre impegnatissima a limarsi le unghie, e con un trillo si annuncia la Signora Elda, chiedendo del marito per questioni impellenti. Dopo le prime volte in cui tentavo di spacciare Mario per “terribilmente occupato”, ho capito che non c’era scampo, perché la Signora Elda è veramente persuasiva e se desidera parlare col marito, sicuramente ci riuscirà. E così il temibile capo Mario si ammansisce come un tenero agnellino e subisce trenta minuti di sproloqui della moglie sull’incredibile nuova tecnica che ha scoperto per realizzare strabilianti creazioni che sarebbero perfette per abbellire quel mobile dimenticato del salone di casa loro. Generalmente, al termine di queste sessioni di ascolto, Mario arriva da me con una lista di attrezzi di cui fino a quel momento ignoravamo tutti perfettamente l’esistenza - e stavamo bene lo stesso - e borbotta un “Ordine urgente, li voglio qui per domani”. Al che, io devo lanciarmi in una ricerca online dei suddetti strumenti e pregare in una consegna rapidissima per soddisfare la cara Signora Elda, in modo che non centrifughi le palle del marito che, di conseguenza, poi strapazzerebbe le mie, in senso figurato ovviamente.
Scansionare documenti è veramente soporifero, così alzo lo sguardo verso l’ufficio per distrarmi un po’, dato che mi si sono perfino seccati gli occhi. L’angolo della stampante multifunzione offre una visuale completa della stanza, ma purtroppo è pericolosamente vicino al front desk dove dovrebbe sedere Flavia, la centralinista di nome ma non di fatto. Flavia è la nipote di Mario; di solito in azienda non ci sono corsie preferenziali nemmeno per i parenti, però, non si sa come, lei si è arrogata dei diritti che comunque non le sono stati tolti. Puntualmente, se bisogna servire dei caffè in sala riunioni mentre è in corso un meeting, le si è spezzata un’unghia che le ha causato la paralisi di tutto l’avambraccio; se suona il telefono, ops! è alla toilette; se arriva un fattorino, non può ritirare la merce perchè è terribilmente scossa da un messaggio appena ricevuto. Le scuse si sprecano. Ma niente paura, per tutto il resto ci sono io! Solo una cosa, o meglio, solo una persona la tiene incollata alla sua scrivania e le fa riacquisire alacremente il suo ruolo: Roberto.
Roberto è il nostro cliente migliore, un uomo fatalmente attraente e altrettanto terribilmente consapevole di esserlo. Sulla quarantina, alto, biondo, sempre vestito in giacca e cravatta, sguardo intenso. Mi sono spiegata, penso. Gli ormoni dell’ufficio fanno la ola quando si presenta all’ingresso, compresi i miei di ormoni, che a malapena sanno di esistere grazie alla mia vita sessuale pressoché arida. Roberto, però, ha due grandi difetti: è spocchioso, cosa su cui si potrebbe sorvolare se non fosse che è anche fidanzato. Ma a Flavia non sembra importare neanche di quest’ultimo dettaglio, tant’è che al suo cospetto la senti squittire e fare risolini mentre lo intrattiene, per non parlare del ritmo con cui sbatte le sue ciglia finte nel tentativo di ammaliarlo oppure di spettinarlo, non so. Incredibilmente, in sua presenza è perfino in grado di preparare un caffè o fare una fotocopia, basta che siano destinati a lui ovviamente. Miracolo!
Lisa si diverte un sacco a farle il verso ed è chiaro che non ha bisogno delle attenzioni di Roberto per sentirsi donna. In effetti penso che farebbe volentieri a meno degli uomini che, come dice lei, portano solo altro lavoro da sbrigare. Io, invece, un po’ mi dispiaccio di non essere destinataria dei suoi sguardi o delle sue battute, e vedere la disinvoltura con cui si atteggia Flavia, seppur nella sua stoltaggine completa, mi deprime perchè, al contrario suo, io sono incapace di muovere un muscolo per paura, per vergogna, per non si sa quale blocco che mi opprime. E così rido alle battute di Lisa e sbeffeggio Flavia per la sua spavalderia, ma dentro di me provo un po’ di invidia, perchè vorrei riuscire anch’io a essere civettuola e sentirmi attraente solo perchè ho i suoi occhi posati su di me. Ma è fidanzato, ripeto, quindi certi pensieri li ricaccio in fretta nel mio intimo e torno alle mie odiose scansioni che, magia!, sono quasi finite.
Salvo i file nella cartella del capo e mentre cerco un paio di elastici nell’armadio della cancelleria, mi giungono inevitabilmente all’orecchio le chiacchiere di Dalia che, tutta emozionata, sta raccontando di aver sentito dalla sua amica dell’ufficio marketing che l’azienda sta organizzando un incredibile party natalizio in una villa storica della zona. Oh, meraviglioso: dress code e posti assegnati, non vedo l’ora. Dalia è un po’ contrariata, perchè non hanno ancora svelato la data dell’evento e questo ritarderà inevitabilmente la ricerca dell’abito perfetto da sfoggiare per l’occasione. In ogni caso ha già stabilito che raddoppierà le sue sessioni di fitness per assicurarsi un fisico più che perfetto da esibire assieme al vestito. Mentre propina il suo sproloquio ai colleghi presenti, sta sorseggiando rumorosamente con la cannuccia la sua bevanda detox, che a dire il vero è anche il suo pranzo. A parer mio è tutta scena, come fa a stare in piedi da mattina a sera ingerendo solo quelle brodaglie? Sospetto che fuori dall’ufficio si strafoghi di schifezze, è inevitabile. Voci narrano perfino che sia stata vista al fast food mentre ordinava due menù grandi con patatine. Due! E non era accompagnata da nessuno, perciò, con totale certezza, se li è sbafati da sola. Dalia, Dalia, non ci freghi. Nonostante ciò, riesce sempre a infilarsi nella sua taglia quaranta. Forse dovrei farci un pensierino alle bevande detox.
Appoggio il malloppo di documenti sulla scrivania di Flavia e le comunico solennemente che devono essere portati in archivio. Non so neanche perchè ci ho provato. Flavia mi guarda con occhi da cucciolo indifeso e mi annuncia che il suo fisioterapista le ha vietato di alzare pesi, perchè è appena stata operata al tunnel carpale. Tunnel carpale? A venticinque anni? Seriamente!? Senza nemmeno replicare, poiché sarebbe un inutile spreco di fiato, sollevo il carico e mi dirigo verso i sotterranei del palazzo. La pila di fogli è così alta che sono costretta a camminare di lato per vedere dove metto i piedi. Arrivo davanti all’ascensore e tento maldestramente di pigiare il bottone con il gomito. Ovviamente non ci riesco, perchè la mobilità del mio braccio è fortemente limitata, ma fortunatamente una mano viene in mio soccorso e preme il pulsante al posto mio. Snocciolo un “Grazie” dal retro della mia barricata, senza vedere esattamente chi si sia prodigato con tanta gentilezza. Saliamo entrambi in ascensore. Che silenzio imbarazzante, detesto essere chiusa in ascensore con uno sconosciuto, non so mai se avviare una conversazione o se continuare a fissarmi la punta delle scarpe. Mi sento così al sicuro ricoperta di scartoffie.
Destandomi dalle mie elucubrazioni, lo sconosciuto mi chiede a che piano devo fermarmi, era inevitabile, giustamente. Non so perchè questa cosa mi meravigli tanto. Rispondo che devo andare nell’interrato. Senza aggiungere altro, il mio compagno di viaggio preme prima il tasto zero e poi il meno uno. L’ascensore sobbalza e comincia la sua discesa. La pila di fogli che sto sostenendo inizia pericolosamente a oscillare e io, al contempo, inizio a pregare che non si sgretoli l’intera torre. Finchè sto reggendo tutto anche con la forza del pensiero, il plico che si trova all’estremità superiore scivola rovinosamente a terra. Mi sta per sfuggire un “No ca…” ma mi trattengo, visto che sono in compagnia. Inaspettatamente, lo sconosciuto si china e riposiziona i fogli sopra al resto del carico. Lo ringrazio nuovamente per questa sua opera di carità e mi imbarazza il fatto che lui non dica nulla. Forse l’ho infastidito solo con la mia presenza, magari sperava anche lui di farsi un giretto in ascensore da solo.
Finalmente sento l’agognato plin che annuncia l’apertura delle porte. Sto quasi per tirare un sospiro di sollievo, quando una voce profonda molto familiare mi dice: «Ciao, Tamara, buon lavoro. E attenta con quei documenti, non ci sarò più io a salvarti da qui in avanti».
Solo allora mi sporgo di lato con sguardo interrogativo e mi accorgo del perché la sua voce mi suonasse così conosciuta. Era Roberto. Sbianco e arrossisco allo stesso tempo senza riuscire a balbettare nemmeno un ciao o arrivederci o alla prossima o qualunque altra frase di senso compiuto. Le porte dell’ascensore si chiudono, provo a emettere un suono che voleva essere un saluto, ma mi esce soltanto una specie di rantolo che spero non abbia sentito. Fine della storia. L’ascensore scende, così come scende la mia autostima. Sì, siamo decisamente nell’interrato delle mie emozioni in questo momento. Plin!
Sconvolta e abbattuta, ma soprattutto sconvolta, mi avvio come un automa alla scrivania di Daniele, maledicendomi per la mia infinita stupidità e per non avere la prontezza di una persona normale nell’affrontare le situazioni impreviste. Un bradipo sarebbe stato più scaltro.
Daniele mi accoglie con la solita enfasi e mi viene incontro per sollevarmi dal peso delle cartacce che trasporto, peccato che il fardello della mia tontaggine gravi ancora sulle mie spalle e che, nonostante non debba più reggere il malloppo, mi senta ancora curva e schiacciata come una vecchina di novant’anni. Lo saluto con ben poco entusiasmo e mi accascio sulla sua sedia. Quasi mi scordavo di presentarlo: Daniele è l’uomo-archivio, una specie
di topo di biblioteca che vive la sua giornata semisepolto nell’interrato in compagnia di sole scartoffie, ma il bello di tutto ciò è che lui adora il suo lavoro. È una persona squisita: è gentile, premuroso, attento e sposato. Sì, quindi andato anche questo, uno in meno. Peccato, perchè è davvero una persona splendida e di buon cuore. Noi comunque siamo amicissimi, è decisamente un valido alleato e in questo momento ne ho bisogno più che mai.
«Che faccia scura», mi dice, squadrandomi con diffidenza.
Le sue parole mi scuotono dallo stato catatonico in cui ero piombata, lo guardo dritto in faccia e annuncio mestamente che sono una totale frana nelle relazioni umane. Con prontezza mi cinge le spalle e mi consola, riversando su di me frasi di conforto.
«Non sei una frana, sei fantastica, sei la persona che tutti vorrebbero avere accanto.»
Mi giro con gli occhi sbarrati e scoppio chiedendogli dove
sono tutte le persone che vorrebbero stare con me, che io non ne vedo nemmeno mezza e che è solo colpa mia, perché sono un’imbranata ed è per questo che il genere maschile gravita lontano dalla mia orbita. Infine aggiungo che rovino sempre tutto, incrocio le braccia e metto il broncio.
Ora è Daniele a sgranare gli occhi, è abituato alla mio pessimismo cosmico, ma questo sfogo sorprende anche lui che mi conosce molto bene. E così, come un fiume in piena, inizio a raccontargli della mia figuraccia colossale al cospetto di quel Bronzo di Riace di Roberto e, con infinita rassegnazione, ammetto di aver sprecato l’unica occasione buona di parlare con lui che mi sia capitata in dieci anni di lavoro qui dentro. Daniele mi ascolta con il suo solito sguardo che trabocca di comprensione e, alla fine del mio dramma teatrale, mi abbraccia forte, dicendomi che l’unico motivo per cui sono una stupida è perchè spreco il mio tempo a dispiacermi per non aver parlato con un uomo egocentrico e vanesio, da cui non si riuscirebbe a cavare una buona qualità neanche se lo si guardasse con la lente di ingrandimento.
Ammetto che Daniele è riuscito a provocarmi mezzo sorriso e mi sono un po’ calmata, le sue parole sono sempre un toccasana e ristabiliscono il mio ordine interiore, se per caso ce ne fosse uno, rendendomi più tranquilla e propensa a superare le mie frustrazioni. Ha ragione, ma non posso ammetterlo a voce alta, lo comunico solo al mio Io più profondo. A parte essere un bel manzo e avere magnetismo da vendere, Roberto è proprio uno stronzo, diciamolo. Si aggira con la sua aria di superiorità, consapevole di attirare sguardi su di sé e di essere destinatario di pensieri sconci. E io sono caduta in pieno nella sua rete proprio come un pesce lesso, come una Flavia qualunque. E poi torniamo alla questione del fidanzamento, fatto di certo non trascurabile per una ragazza con dei valori come me. E allora smettila di pensare a ciò che è successo! Il mio Io interiore mi ha appena mollato uno scappellotto sulla nuca. Ahi, mi massaggio il collo pensierosa.
Daniele mi chiede se mi sento meglio e mi intima di darmi un tono. È proprio il caso che torni in ufficio prima che Mario si accorga della mia assenza. Saluto Daniele mandandogli un bacio volante e lo lascio solo nel silenzio ovattato del suo castello di carta.
Sono di nuovo seduta alla mia scrivania e aspetto che passino quei cinque minuti che mi separano dalla fine della mia giornata di lavoro. Lisa mi sta aggiornando sul fatto che sarebbe dovuta volare a prendere i bimbi al doposcuola, perché suo marito, normalmente incaricato del recupero figli, si trova fuori città per lavoro. Io avrei anche voglia di raccontarle del mio incontro in ascensore, ma qui ci sono troppe orecchie indiscrete e non vorrei suscitare chiacchiere inutili sulla mia balbuzie improvvisa. Mi appunto mentalmente di mandarle un messaggio vocale più tardi.
I colleghi iniziano a impacchettare le proprie cose, io chiudo tutti i programmi sul pc e sto quasi per premere il pulsante di spegnimento, quando una voce tuona alle mie spalle.
«Sto aspettando una telefonata importante.»
Mi giro ed è Mario. Sconsolata, cerco di non dare a vedere quanto questa cosa mi faccia arrabbiare. Mario non risponde mai al telefono direttamente, la sua politica è che le chiamate gli vengano inoltrate dal centralino. Si vede che è troppo importante per sollevare la cornetta da solo. Non provo neanche a guardare se Flavia è ancora in ufficio, probabilmente avrà abbandonato la postazione cinque minuti fa, e mi rassegno, afflosciandomi sulla sedia ad attendere questa benedetta telefonata. Lisa mi guarda con compassione e mima con le labbra un “Mi dispiace”. Io alzo le spalle di rimando e scuoto la testa, cercando di sottolineare l’evidenza di quanto la sfortuna mi perseguiti. Passa una buona mezz’ora prima che il telefono si decida a squillare. Alleluia! Non ne potevo più di questo silenzio assordante. Mentre passo con molta professionalità la chiamata a Mario, sono felice di cogliere il suo cenno della mano a dirmi “Vai pure” e mi auguro che la mia disponibilità un giorno riceva degli apprezzamenti concreti, perché onestamente a essere gentili non si guadagna proprio nulla, se non lo stare in pace con la propria coscienza.


Continua la lettura in libreria
e store online.

TI POTREBBERO INTERESSARE:
di Emanuela Furlan

Categoria: Romanzo
Formato: 15x21, 308 pag. brossurato.
Illustrazioni di Mika Fusato
19,00 € 20,00 €
Aggiungi
di Mika Fusato

Categoria: Romanzo
Formato: 15x21, 290 pag. brossurato.
19,00 € 20,00 €
Aggiungi
di Sabrina Sala

Categoria: Light Novel
Formato: 15x21, b/n, 216 pag. brossurato.
Genere: Romantico, Storico.
Disponibilità: solo 4
14,50 € 15,00 €
Aggiungi
Copyright © EF edizioni. - Tutti i diritti riservati.
All characters & logos shown in this site are © & TM respective owners.
metodo di pagamento accettato
Logo EF edizioni
EF edizioni
Via Libertà, 134
20092 - Cinisello B.mo (MI)
Torna ai contenuti