

di Federica Tommasi
Prefazione di Tinto Brass
Genere: Racconti Erotici (VM18)
Formato: 14x21 - 150 pag.
Prefazione di Tinto Brass
Genere: Racconti Erotici (VM18)
Formato: 14x21 - 150 pag.
10,00 €
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I racconti di questo libro vogliono regalare al lettore un po' di svago, raccontando le fantasie sessuali di Federica, con le avventure della sua bella, trasgressiva e disinibita protagonista.
Sette, perché sette è per antonomasia numero perfetto e magico, che ricorre spesso nella storia e nella mitologia, così come in molte religioni. Sette come i vizi capitali che, sono ben presenti all'interno dei racconti che sono brevi e piacevoli da leggere.
Tratteggiano i personaggi e le vicende senza appesantirli con lunghe e noiose descrizioni. Tra i vari peccatori e peccatrici che fanno capolino tra le pagine dei racconti, e quali che siano i vizi che li affliggono, alla fine i personaggi che ne escono peggio sono sicuramente quelli maschili.
Dimostrando che, se esiste un sesso forte, questo è sicuramente quello femminile.
LEGGI L'ANTEPRIMA:
ESTRATTO DAL LIBRO:
Federica era già un po' eccitata e anche emozionata: partecipare a un festino di notte, nel ritiro di una grande squadra di calcio, di nascosto e proprio la sera prima di una partita importante che, a detta degli esperti (lei di calcio non ci capiva un cazzo), poteva decidere le sorti della stagione, non era cosa da tutti i giorni.
Poi, se a organizzare tutto, in gran segreto, era stata addirittura la moglie del presidente, di cui era stata amica e compagna di avventure scapestrate, prima che si perdessero un po' di vista dopo il matrimonio con quell'uomo, la cosa era addirittura clamorosa.
La sua ormai ex amica era stata molto chiara: "Segreto assoluto e massima riservatezza, mi raccomando, se mi fai questo favore e terrai la bocca chiusa, poi ti faccio un regalo formato gigante".
Federica la conosceva bene e sapeva che, in merito al regalo, non aveva esagerato e sarebbe stata di parola.
Stava pensando a tutto questo mentre attendeva qualcuno che la venisse a prelevare nel luogo convenuto, ovvero un'entrata secondaria del centro sportivo, dove la squadra era "segregata" in ritiro.
Era mezz'ora dopo mezzanotte, l'ora convenuta per l'appuntamento. Prima, le avevano spiegato, sarebbe stato troppo pericoloso, perché c'era ancora troppa gente in giro e avrebbero potuto essere scoperti, anche se ufficialmente alle undici avrebbero dovuto essere tutti a dormire.
Questo volevano le regole ferree dei ritiri ma, si sa, alle regole si trovano sempre delle eccezioni e, alle leggi, degli inganni per aggirarle.
Dopo altri dieci minuti in attesa, quando stava quasi per spazientirsi, ecco aprirsi una porticina e comparire un ometto un po' rubicondo, con un'evidente pelata al centro della testa, coronata da una base di capelli bianchi come la neve. "Buona sera signorina, lei è Federica?", domandò con fare timido.
Domanda del cazzo. "La strada è deserta, ci sono solo io, abbiamo appuntamento qui, chi cazzo vuoi che sia, Biancaneve che aspetta i sette nani?", avrebbe voluto rispondere lei.
"Sì, sono io, buonasera", disse invece sforzandosi di essere gentile con quel babbeo.
"Sono il magazziniere, venga, mi segua, le faccio strada ma, per carità di Dio, mi raccomando, non parli, non faccia alcun rumore, se ci scoprono io sono un uomo rovinato", disse tutto d'un fiato, sottolineando particolarmente l'ultima parola.
"L'ho capito che sei il magazziniere, cretino, impossibile scambiarti per James Bond", sarebbe stata la risposta giusta, ma si trattenne, annuì pensosamente col capo e non disse nulla.
L'uomo la guidò per i vialetti del centro sportivo nel massimo silenzio possibile, fino a che non si trovarono di fronte a un grosso edificio che doveva essere la foresteria che ospitava il dormitorio della squadra. Lo aggirarono ed entrarono da un ingresso posteriore; poi, utilizzando una scala secondaria (probabilmente quella utilizzata dal personale di servizio incaricato di svolgere le faccende domestiche), salirono sino al secondo piano.
Qui, si inoltrarono nel corridoio sino a trovarsi di fronte alla camera numero 13.
"Signorina, io la aspetto di sotto per accompagnarla fuori, quando esce, mi raccomando, non faccia rumore, si ricordi che ne va della mia testa", la frase fu pronunciata in un sussurro e con un tono, se possibile, ancora più melodrammatico di quella precedente.
Federica si sforzò ancora di tacere, replicò solo con un sorriso compassionevole.
Poi l'uomo bussò leggermente, la porta si aprì, ne uscì un filo di luce, Federica entrò e la porta si chiuse alle sue spalle, mentre l'ometto spariva nell'oscurità.
Se l'esterno era tutto buio, silenzio e raccoglimento, l'interno della camera era contraddistinto da una certa agitazione. Erano presenti tre giovanottoni che Federica, pur non essendo per nulla appassionata di calcio, riconobbe subito come le tre star dalla squadra: il libero, un centrocampista e la punta più forte, il goleador.
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